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Istruzione Penitenziaria


Pubblicato il 13 Aprile 2020

I CPIA e gli Istituti di istruzione secondaria superiore in cui sono incardinati i percorsi di II livello (ex corsi serali) sono presenti nei 18 Istituti penitenziari e nell’Istituto Penitenziario Minorile della Lombardia.
Erogano, nell’ambito dell’Istruzione degli Adulti, percorsi di Alfabetizzazione e Apprendimento della Lingua Italiana; I livello e II livello. La percentuale di iscritti sui detenuti presenti negli Istituti penitenziari (IIPP) è stata, per l’a.s. 2019/20, pari al 37,2% contro una media nazionale del 33,4%. La scuola è una realtà storica, stabile e diffusa negli IIPP della Lombardia
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Il legislatore ha introdotto e regolamentato all’interno del carcere una serie di diritti il cui esercizio rientra nello scopo rieducativo che la detenzione deve avere, in ottemperanza dell’art. 27 della Costituzione; tra essi la normativa penitenziaria prevede, oltre ovviamente al diritto al lavoro, anche quello all’istruzione e alla formazione. Se si entra dentro un istituto penitenziario – fatte salve le differenze tra i diversi istituti -, ci si trova di fronte a un’espressione emblematica di una caratteristica della storia recente del sistema educativo italiano: la contraddizione tra una normativa avanzata, che punta all’inclusione sociale e all’elevamento del singolo, e una realtà che si fatica a considerare coerente con quella normativa. (Ovviamente si tratta di una generalizzazione che non tiene conto di realtà locali anche eccellenti, ma serve a evidenziare una peculiarità negativa del nostro Paese.
L’Ordinamento Penitenziario e il relativo Regolamento di esecuzione3 prevedono l’organizzazione di corsi di scuola dell’obbligo e di addestramento professionale, mentre per quelli d’istruzione superiore usano un linguaggio meno prescrittivo: “possono essere istituite scuole di istruzione secondaria”. Indicano nei protocolli d’intesa tra Ministero della Giustizia e Ministero della PI e nella concertazione tra Ufficio scolastico regionale e Provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria le modalità per attivare tali corsi. Impegnano ciascun istituto penitenziario a costituire una commissione didattica (composta da direttore, responsabile dell’area trattamentale e insegnanti) con il compito di formulare il progetto di istruzione. La realtà, però, è ben diversa: non si conoscono protocolli d’intesa recenti sulla materia e le commissioni educative sono una rarità. L’irreperibilità di dati ufficiali su numero di frequentanti i corsi scolastici, rapporto tra questi e le richieste, esito dei percorsi lascia, inoltre, pensare che i due ministeri competenti non abbiano un grande interesse a garantire effettivamente tale diritto.
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Inoltre, l’istruzione in carcere, oltre che un diritto costituzionale, è anche un elemento del “trattamento rieducativo”4 del condannato, cioè di un programma di interventi che, attuati “secondo un criterio di individualizzazione”, tendano “a promuovere un processo di modificazione delle condizioni e degli atteggiamenti personali, nonché delle relazioni familiari e sociali che sono di ostacolo a una costruttiva partecipazione sociale”. L’andamento e gli esiti del trattamento rieducativo influiscono sull’eventuale adozione di misure come permessi premio o riduzioni di pena. Inoltre, chi frequenta la scuola superiore o corsi di formazione professionale percepisce un sussidio giornaliero. A tale proposito è stata sollevata una questione5: la normativa penitenziaria non riconosce con nettezza all’istruzione quella priorità che meriterebbe in quanto diritto costituzionale, come il lavoro. In alcuni passi essa sembra essere concepita alla stessa stregua di altre attività “trattamentali”, quali quelle sportive e culturali. Ora, è vero che non si può obbligare degli adulti a recuperare la scolarità non completata, ma non è neanche accettabile che la frequenza scolastica sia presentata al detenuto come una tra le tante opportunità di trattamento rieducativo, a cui per di più deve spesso rinunciare in caso di coincidenza con l’orario delle attività lavorative.