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L’AI entra in aula: occasione educativa o scorciatoia?


Pubblicato il 20 Giugno 2025

Nel tempo in cui l’intelligenza artificiale è passata dall’essere oggetto di studio nei laboratori accademici a compagna di banco silenziosa ma potentissima degli studenti, la scuola è chiamata a una scelta: ignorare, demonizzare o integrare? La domanda è meno retorica di quanto sembri, perché tocca il cuore stesso dell’educazione. Che cosa vuol dire insegnare oggi, quando un chatbot può scrivere un tema, riassumere Platone e generare un test a risposta multipla in pochi secondi?

Sarebbe un errore affrontare il tema solo in termini tecnici. L’intelligenza artificiale non è (solo) uno strumento: è un ambiente. E ogni ambiente, lo sappiamo, educa. Per questo, non basta che la scuola si doti di dispositivi digitali o che aggiorni la formazione del personale; serve una visione più ampia, capace di interrogarsi su come si trasforma la relazione educativa, su quale posto abbiano l’errore, l’attesa, la lentezza – in una parola, l’umano – in un tempo in cui tutto può essere automatizzato.

Tra rischio e possibilità: le nuove responsabilità del docente

Il docente, in questo contesto, non è più (solo) trasmettitore di contenuti ma curatore di senso. Il rischio più grande non è che ChatGPT faccia i compiti al posto degli alunni, ma che lo studente perda l’occasione di confrontarsi con la fatica dell’elaborazione personale, del dubbio, dell’argomentazione. Tuttavia, negare l’utilità dell’AI sarebbe altrettanto miope: delegare alcune attività ripetitive o standardizzate può liberare tempo prezioso per la didattica autentica, quella del dialogo e dell’intuizione.

Serve però una cultura dell’intelligenza artificiale, prima ancora delle sue applicazioni. Serve educare a riconoscerne i limiti, a problematizzarne le risposte, a discernere tra fonti, a individuare i bias. In una parola: serve formare persone, non solo utenti.

Il caso Lombardia: un laboratorio pubblico tra etica e formazione

È in questo scenario che si inserisce l’esperienza della Regione Lombardia, che già nell’autunno 2024 ha avviato un percorso pubblico di riflessione e proposta dal titolo emblematico: “L’arte di imparare. L’intelligenza artificiale nella didattica”. Il progetto – tutt’altro che episodico – si è tradotto in una piattaforma articolata di linee guida, strumenti formativi e occasioni di confronto tra istituzioni, scuole e imprese.

A differenza di molte altre iniziative locali o aziendali, l’impostazione lombarda ha avuto il merito di assumere l’AI come sfida sistemica, non come moda da cavalcare.

Le linee guida ufficiali, scaricabili qui

👉 https://www.regione.lombardia.it/wps/portal/istituzionale/HP/DettaglioRedazionale/servizi-e-informazioni/Enti-e-Operatori/istruzione/intelligenza-artificiale-nella-didattica/intelligenza-artificiale-nella-didattica

Tali linee guida non si limitano a elencare tool o buone pratiche, ma mettono al centro la questione del ruolo del docente nell’era dell’AI: da “erogatore” a regista della conoscenza, da sorvegliante a mediatore consapevole tra tecnologia e pensiero critico.

Il documento si ispira dichiaratamente alle raccomandazioni dell’UNESCO (“Guidance for generative AI in education and research”, settembre 2023), e ne recepisce l’impianto etico: trasparenza, privacy, equità d’accesso, autonomia del pensiero. Allo stesso modo, vi si ritrova un esplicito riferimento al quadro europeo delle competenze digitali per i docenti (DigCompEdu), con l’intento di promuovere una cittadinanza digitale matura, riflessiva e non passivamente algoritmica.

Formazione continua e board etico: quando l’innovazione si dà delle regole

Tra gli elementi qualificanti dell’esperienza lombarda, vanno segnalati due aspetti tutt’altro che scontati:

  1. La creazione di un board tecnico-etico, coordinato da Lorenzo Maternini, con lo scopo di garantire che l’introduzione dell’AI avvenga in modo trasparente, verificabile e inclusivo, anche sul piano normativo (con attenzione al futuro AI Act europeo).

  2. L’attivazione di percorsi formativi gratuiti rivolti ai docenti delle scuole lombarde, tramite una call pubblica (codice SRMF8002024042003) che ha raccolto proposte da università, enti di formazione e aziende del settore.

I corsi disponibili – consultabili al link sopra indicato – vanno dall’introduzione etica all’uso consapevole degli strumenti generativi fino a veri e propri moduli operativi per creare lezioni, verifiche, materiali didattici personalizzati. Tra questi:
🔹 HP AI Teacher Academy (piattaforma edX)
🔹 Generative AI Essentials (EIT Digital)
🔹 Magic School e Olovka, piattaforme per l’automazione educativa
🔹 La Scuola S.p.A., con un corso self-study accessibile con codice gratuito “FREERL”

Un modello esportabile?

L’esperienza lombarda non è priva di limiti: riguarda al momento soprattutto le scuole superiori, e richiede un forte investimento in accompagnamento formativo e aggiornamento delle infrastrutture. Tuttavia, rappresenta un modello istituzionale replicabile, perché coniuga visione pedagogica e concretezza amministrativa; offre risposte senza banalizzare le domande; e soprattutto riconosce il docente non come vittima della tecnologia, ma come suo primo interprete.

In un tempo in cui il rischio è di essere travolti dall’ultima novità digitale, la Regione Lombardia ha provato a rispondere con la più antica delle virtù educative: la cura. Cura dell’apprendimento, cura della relazione, cura della cittadinanza.